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lunedì 20 aprile 2015

Domani è il Mobilegeddon di Google, pronto il nuovo algoritmo

Gli esperti di seo, ovvero quell’insieme di tecniche per migliorare la visibilità dei siti sui motori di ricerca, la chiamano Mobilegeddon. La data è domani, il 21 aprile. L’evento è il primo cambiamento dell’algoritmo di Google annunciato ufficialmente dall’azienda.

Il motivo per cui viene atteso con ansia è perché il nuovo algoritmo farà in modo di valorizzare chi ha la versione mobile di un sito ai danni di chi ha solo la versione desktop, e dunque su cellulare perde in rapidità di caricamento e usabilità. In pratica, il nuovo algoritmo valuterà meglio rispetto a oggi la bontà della versione online dei siti web.


Google ha messo a disposizione un tool, a questo indirizzo, per vedere se un sito è pronto o no per il mobile, e se dunque deve preoccuparsi o meno dal nuovo algoritmo. Si verifica facilmente che i siti italiani che dovranno correre ai ripari non sono pochi. Governo.it, ad esempio, risulta non essere adeguato perché «il testo è troppo piccolo da leggere, i link sono troppo vicini l'uno all'altro e l’area visibile su dispositivi mobili non è impostata», dice il Google. Guardando al Vecchio Continente, quella Unione Europea che ha preso di mira Google perché favorirebbe i suoi servizi ai danni della concorrenza risulterà penalizzata per le stesse ragioni del sito del Governo italiano. Vale lo stesso per la Banca centrale europea.

Tornando a noi, il sito dell’Inps risulta pronto, come anche le versioni mobile di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Se si passano all’esame banche di più piccole dimensioni, come ad esempio Credem, il sito viene rimandato. Gli istituti finanziari in genere hanno una app per gli store digitali di iOS, Android o Windows, ma il sito mobile ha comuque una sua utilità nel momento in cui le ricerche su Google su smartphone e tablet sono in forte crescita.

L’Agenzia delle Entrate non ha una versione mobile ottimizzata a dovere, lo stesso vale per Borsa Italiana. «Dalla nostra analisi risulta che circa il 65% delle aziende del Ftse Mib non sono pronte, ma anche 8 università su 10 dovranno rinnovare i loro portali per non perdere posizioni», conclude Agostini.